CREDITI RICERCA E SVILUPPO

La disciplina applicabile al credito R&S fino al 2019

Il credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo è̀ riconosciuto alle imprese che hanno effettuato investimenti in attività di ricerca e sviluppo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019. L’articolo 1, comma 209, della legge n. 160/2019 ha, infatti, disposto la cessazione anticipata dell’agevolazione , inizialmente prevista fino al 2020, e la sostituzione con il nuovo “bonus ricerca e sviluppo e innovazione”. Sebbene la normativa relativa al bonus ricerca e sviluppo sia stata interessata da diverse modifiche e integrazioni ad opera di diversi provvedimenti normativi, con la sua introduzione il Legislatore ha inteso promuovere e incentivare gli investimenti privati in ricerca e sviluppo e sostenerne i relativi costi, nel presupposto che queste attività potessero contribuire alla crescita del settore industriale.  

Bonus investimenti 4.0, proroga al 2022 con aumento dei crediti

L’articolo 1, commi da 198 a 209, della legge n. 160/2019 e il Dm 26 maggio 2020 hanno introdotto, per l’ anno di imposta 2020 , un nuovo credito d’imposta meglio conosciuto come credito d’imposta per gli investimenti 4.0 che di fatto sostituisce il bonus ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del Dl 145/2013 per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e altre attività innovative (design e ideazione estetica). Il credito d’imposta R&S , disciplinato dall’articolo 3 del decreto 145, che avrebbe dovuto trovare applicazione anche con riferimento al 2020 è, infatti, anticipatamente cessato al 31 dicembre 2019 . In linea generale, sono agevolabili le attività di ricerca e sviluppo che rispettino i criteri contenuti nel c.d. Manuale di Frascati dell’Ocse. La determinazione e la misura del credito variano a seconda della tipologia di investimenti agevolabili.

Interpelli esclusi se richiedono specifiche competenze tecniche

Intervenendo sulle modalità di gestione degli interpelli volti a chiedere la spettanza di crediti d’imposta, con la circolare n. 31/E diramata il 23 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le istanze di interpello in merito alle spese che danno diritto al bonus ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del Dl 145/2013 o al credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno di cui all’articolo 1, commi da 98 a 108, della legge 208/2015, sono escluse dall’area di applicazione dell’interpello , in quanto l’istruttoria richiederebbe specifiche competenze tecniche di carattere non fiscale che rientrano nell’ambito operativo di altre Amministrazioni.

Disconoscimento in assenza di "nuove conoscenze"

I controlli sulla spettanza del credito d’imposta R&S sono affidati sia all’Agenzia delle Entrate che alla Guardia di Finanza, che verificano la corretta applicazione della disciplina agevolativa . In particolare, nell’ambito delle ordinarie attività di controllo e di verifica, l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza possono, attraverso controlli sostanziali, verificare le condizioni di spettanza del credito d’imposta appurando che le attività di R&S effettuate siano conformi ai criteri del Manuale Frascati e la corretta applicazione della disciplina agevolativa sulla base dell’apposita certificazione della documentazione contabile e della relazione tecnica , nonché sulla base dell’ulteriore documentazione fornita dall’impresa verificata; l’Agenzia delle Entrate, attraverso la liquidazione automatizzata delle dichiarazioni effettuata ai sensi degli articoli 36-bis del Dpr 600/1973 o 54-bis del Dpr 633/1972, può disconoscere la compensazione in caso di omessa compilazione del quadro RU della dichiarazione dei redditi originaria.

L'utilizzo di un credito inesistente per carenza di presupposto costitutivo

Intervenendo sulle modalità di gestione degli interpelli volti a chiedere la spettanza di crediti d’imposta, con la circolare n. 31/E diramata il 23 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che qualora a seguito di controlli finalizzati a verificare la spettanza del credito d’imposta ricerca e sviluppo venga accertato che le attività o le spese sostenute non siano ammissibili, gli Uffici dovranno contestare la violazione di indebita compensazione con credito inesistente, con conseguente comminazione di sanzioni dal 100 al 200 per cento della misura del credito stesso.

Sanzioni "diversificate" per crediti non spettanti e inesistenti

Qualora sia accertata l’ indebita fruizione , anche parziale, del credito d’imposta, l’Agenzia delle Entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge, fatte salve le eventuali responsabilità di ordine civile, penale e amministrativo a carico dell’impresa beneficiaria. Così come stabilito dall’articolo 13, comma 4, del Dlgs 471/1997, l’utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti è sanzionato nella misura del 30% del credito utilizzato, salva l’applicazione di leggi speciali. Ove poi l’utilizzo concerna crediti inesistenti indebitamente compensati , la sanzione è dal 100% al 200% , come stabilito dall’articolo 13, comma 5, del Dlgs 471/1997. Le somme derivanti dal recupero dei crediti inesistenti possono essere richieste entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito stesso e possono, in caso di mancato pagamento, essere iscritte nei ruoli straordinari di cui all’articolo 15-bis del Dpr 602/1973, con integrale riscossione anche in presenza di ricorso. In questo caso, inoltre, non è mai ammessa la definizione agevolata delle sanzioni ai sensi degli articoli 16 e 17 del Dlgs 472/1997.

Procedura di recupero più stringente per i crediti inesistenti

Gli uffici dell’Agenzia delle Entrate, nel procedimento di accertamento e contestazione dell’indebita fruizione dei crediti d’imposta, sono soliti notificare avvisi c.d. bonari o avvisi di recupero crediti d’imposta . In particolare, il credito indebitamente compensato può essere rilevato a seguito di liquidazione automatica/controllo formale della dichiarazione . Oltre che dalla liquidazione automatica, da cui possono emergere crediti d’imposta indicati e compensati in misura superiore a quella prevista dalla legge o non spettanti in base alla dichiarazione, l’indebita compensazione può emergere anche da controlli di tipo sostanziale , resi noti al contribuente attraverso i c.d. avvisi di recupero crediti d’imposta. Inoltre, sebbene non esista nel nostro ordinamento tributario una norma che preveda, a livello generale, specifici termini di recupero dei crediti d’imposta indebitamente compensati, è possibile sostenere che i termini di recupero , da intendersi decadenziali, non hanno come  dies a quo  la presentazione della dichiarazione dalla quale emerge il credito, ma la data di utilizzo del medesimo in compensazione.

Indebita compensazione definibile con il ravvedimento operoso

Le indebite compensazioni effettuate con crediti R&S non spettanti o con crediti inesistenti possono essere oggetto di ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del Dlgs n. 472/1997 fino alla notifica dell’avviso bonario o di altro atto impositivo. Con riferimento agli effetti penali derivanti dall’effettuazione del ravvedimento operoso, va detto in ogni caso che, in base a quanto disposto dagli articoli 10-quater, 13 e 13-bis del Dlgs n. 74/2000, il ravvedimento operoso, se posto in essere prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, esclude la rilevanza penale dell’indebita compensazione di crediti “non spettanti”, mentre rappresenta una circostanza attenuante (con riduzione della pena sino alla metà) per le compensazioni di crediti “inesistenti”. 

La regolarizzazione con gli "altri" istituti deflativi del contenzioso

È sempre ammessa la definizione degli avvisi bonari  ai sensi degli articoli 2 e 3 del Dlgs 462/1997, nella misura in cui l’indebito utilizzo del credito d’imposta emerga dalla liquidazione automatica/controllo formale della dichiarazione. Con riferimento, invece, agli avvisi di recupero crediti d’imposta, non è sempre pacifica la possibilità di applicare gli ulteriori istituti deflativi del contenzioso . In particolare, nel caso di avvenuta notifica di atti impositivi, quali avvisi di recupero o avvisi bonari, con cui si contesta l’indebita compensazione di crediti R&S inesistenti o non spettanti è indubbia la possibilità di avvalersi degli istituti deflativi del contenzioso, come, ad esempio, la mediazione  e/o la conciliazione giudiziale , qualora il contribuente abbia provveduto ovviamente ad impugnare tempestivamente l’avviso di recupero o il ruolo. La possibilità di poter applicare, invece, l’ accertamento con adesione o l’ acquiescenza all’eventuale avviso di recupero con beneficio di riduzione delle sanzioni ad 1/3 del minimo è controversa.

Oslo e Frascati, approcci differenti all'innovazione

Nella maggior parte dei casi, le contestazioni in merito alla non spettanza o inesistenza del credito d’imposta utilizzato in compensazione dalle società che hanno svolto attività di ricerca e sviluppo derivano dalle diverse interpretazioni fornite nel corso degli anni sia dall’Agenzia delle Entrate che dal Mise sul tema delle attività ammesse a fruire del beneficio. È infatti evidente che, subito dopo la sostituzione dell’articolo 3 del Dl 145/2013, a opera della legge di stabilità 2015, decorrere dal 2015, il Mise e l’Agenzia delle Entrate avevano chiarito che per l’individuazione delle attività ammissibili al beneficio occorreva riferirsi al  Manuale di Oslo , concernente “Guidelines for Collecting and Interpreting Innovation Data”  (Ocse 2005). Successivamente, invece, a decorrere dal 2018, l’Agenzia delle Entrate e il Mise hanno chiarito che per l’individuazione delle attività ammissibili al beneficio occorreva riferirsi al  Manuale di Frascati , concernente “Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development” . I due Manuali risultano connotati da due differenti tipi di approccio , con la conseguenza che la difesa potrebbe essere maggiormente sostenibile, anche ai fini dello scomputo delle sanzioni.

Il credito dimenticato non comporta la perdita del beneficio

L’indicazione del credito d’imposta nel quadro RU del modello REDDITI è elemento che può essere richiesto a pena di decadenza sia dalla legge sia dai regolamenti attuativi. Ove ciò non sia necessario, trattandosi di violazione meramente formale è applicabile la sanzione fissa di cui all’articolo 8 del Dlgs 471/1997, senza alcun recupero del credito. Proprio in merito al credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo ex Dl 145/2013, con la circolare n. 13/E del 27 aprile 2017, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che per quanto riguarda gli obblighi dichiarativi né l’articolo 3 né il decreto attuativo prevedono l’indicazione in dichiarazione a pena di decadenza dal diritto all’agevolazione . Ne consegue che l’omessa indicazione del credito d’imposta R&S nel quadro RU della dichiarazione non può comportarne automaticamente il disconoscimento.

La censura sul raddoppio dei termini per il credito esistente

Sempre con riferimento alla difesa, i motivi dell’impugnazione , oltreché riguardare questioni di merito, mediante la dimostrazione dell’effettiva esistenza e/o spettanza del credito contestato, possono riguardare anche vizi procedurali quali, ad esempio, il vizio di notifica, la carenza di motivazione, la decadenza dei termini ecc. In particolare, in caso di atti di recupero con cui vengono contestati crediti indebitamente utilizzati non spettanti (e non crediti inesistenti) in periodi d’imposta ormai prescritti, occorrerà far valere , in via preliminare ed assorbente, la nullità dell’atto per intervenuta decadenza del potere di accertamento in violazione dell’articolo 43 del Dpr 600/1973 e falsa applicazione dell’articolo 27 del Dl 185/2008. Potrebbe, inoltre, essere censurata l’ applicazione delle sanzioni dal 100% al 200% del credito indebitamente compensato, sostenendo che, siccome non si tratta di credito inesistente, l’unica sanzione operante sarebbe quella del 30%, peraltro definibile in via agevolata.

loader