DOGANE

Un sistema doganale armonizzato ma non ancora uniforme nell'applicazione

Sotto la lente il trattamento ai fini doganali dei beni oggetto di scambi internazionali e l'ampia gamma di controlli predisposti nell'ambito di un quadro comune a livello unionale di gestione del rischio alle frontiere esterne della Ue. Senza trascurare la necessità per gli Stati membri, fortemente interdipendenti tra loro, di operare come una singola amministrazione nella gestione dell'unione doganale, per perseguire una migliore tutela degli interessi finanziari della Ue e una maggiore sicurezza dell'Unione e dei suoi cittadini. Tra i temi esaminati quello dei controlli in dogana, dell'accertamento dei diritti doganali e revisioni e delle sanzioni per dichiarazioni inesatte. Dal quadro delineato emerge anche qualche criticità ; il sistema doganale è infatti armonizzato ma non uniforme nella sua applicazione, con conseguenti disfunzioni.

Controlli in dogana, il quadro generale

Nell’ambito del ruolo di supervisione dei traffici di merci che attraversano le frontiere della Ue, le autorità doganali europee devono istituire misure finalizzate a garantire l’integrità della catena di approvvigionamento per i movimenti di merci internazionali, proteggere la sicurezza dell’Unione e dei suoi cittadini nonché tutelare gli interessi economici e finanziari della Ue e dei suoi Stati membri. A tal fine, le dogane, in ragione del forte aumento del volume dei movimenti commerciali, si avvalgono sempre più frequentemente della gestione dei rischi , per attuare controlli efficaci e sfruttare le risorse in maniera efficiente, concentrandosi sugli aspetti che presentano i rischi più elevati e più gravi. Tuttavia, l’esistenza del mercato unico unionale e dell’unione doganale della Ue, unitamente alla dimensione transnazionale delle minacce, crea in tale ambito una dipendenza reciproca tra gli Stati membri e la conseguente necessità di affrontare i rischi in maniera coerente e uniforme nell’ambito della Ue. In particolare, la gestione dei rischi del movimento di merci richiede la capacità di identificare, valutare e analizzare l’intera gamma di minacce connesse alle merci e ai relativi movimenti , tenendo conto della diversità dei rischi , a livello nazionale e della Ue, e del loro impatto qualora tali rischi si concretizzino. Ciò al fine di attuare misure di controllo e di riduzione dei rischi nel momento e nel luogo più opportuno della catena di approvvigionamento. Per queste ragioni, con il nuovo codice doganale (reg. Ue n. 952/2013) è stato istituito un quadro comunitario di riferimento per l’analisi e la gestione del “rischio” , allo scopo di consentire la sua sistematica identificazione, nonché l’attuazione di tutte le misure necessarie per la sua prevenzione . In questa prospettiva si inserisce anche la creazione di un sistema di scambio di informazioni sui rischi, tra le autorità doganali degli Stati membri e tra queste e la Commissione europea.

L'introduzione delle merci nel territorio doganale della Ue

La destinazione delle merci nel territorio doganale dell’Unione europea fa sorgere, in capo alla persona che intende procedere all’introduzione dei beni nella Ue, l’obbligo di presentare all’ufficio doganale di prima entrata una “ dichiarazione sommaria di entrata ” (Ens - Entry summary declaration),  attraverso la quale la persona informa le autorità doganali, nelle forme e nelle modalità prescritte ed entro un termine specifico, che le merci devono entrare nel territorio dell’Unione europea. Una volta introdotte nella Ue , le merci , nel caso in cui non siano destinate ad una zona franca, devono essere condotte presso l’ufficio doganale designato o in altro luogo autorizzato dall’autorità doganale e presentate a quest’ultima. Le stesse, inoltre, sin dal momento della loro introduzione nella Ue sono sottoposte a “ vigilanza doganale ”, al fine di assicurare i necessari accertamenti sui beni introdotti, con l’eventuale adozione di divieti e restrizioni. Le merci restano soggette a detta vigilanza per tutto il tempo necessario a determinare la loro posizione doganale, ossia a definire se si tratta beni unionali o non unionali, e non possono essere rimosse senza l’autorizzazione delle autorità doganali.  In attesa di essere vincolati ad un regime doganale o di essere riesportati, i beni presentati in dogana e oggetto di dichiarazione sommaria sono infine sottoposti ad un particolare regime transitorio di sorveglianza , definito “custodia temporanea”.

Regimi doganali e dichiarazione in dogana

A seguito dell’entrata in vigore del codice doganale dell’Unione (Cdu), costituiscono regimi doganali l’ immissione in libera pratica , l’ esportazione e i c.d. regimi speciali . Con il nuovo codice unionale, è stata infatti introdotta la nozione di “regimi doganali speciali”, questi ultimi raggruppati in quattro categorie (transito, deposito, uso particolare, perfezionamento). Con esclusione del transito, i regimi speciali presentano delle caratteristiche comuni con riferimento al rilascio dell’autorizzazione, all’obbligo di prestazione di una garanzia nonché di tenuta delle scritture contabili, alla possibilità di utilizzare merci equivalenti, di trasferire i diritti e gli obblighi relativi nonché di far circolare le merci vincolate a tali procedure. La volontà di vincolare le merci ad un determinato regime doganale deve essere manifestata attraverso un’ apposita dichiarazione in dogana , nella quale devono essere riportate tutte le indicazioni necessarie per l’applicazione delle disposizioni che disciplinano detto regime. Con la sua presentazione, inizia un procedimento amministrativo che dà origine ad un rapporto giuridico (c.d. rapporto giuridico doganale ) tra l’autorità doganale e il soggetto interessato, dal quale derivano in capo a quest’ultimo una serie di divieti e di obblighi giuridicamente rilevanti. La dichiarazione doganale, obbligatoria in via generale in caso di entrata/uscita della merce nel/dal territorio doganale della Ue consente, attraverso l’indicazione degli elementi necessari, ossia qualità, quantità e valore, la determinazione dei diritti doganali dovuti , sulla base della destinazione loro assegnata, anche se non necessariamente dall’esistenza di un rapporto giuridico doganale discende un’obbligazione doganale.

L'accertamento dei diritti doganali

L’accertamento dei diritti doganali costituisce un procedimento amministrativo attraverso il quale gli uffici competenti acquisiscono e verificano elementi allo scopo di determinare il soggetto obbligato, i dazi nonché gli altri diritti doganali dovuti dal contribuente. Attraverso di esso, l’ufficio procede a identificare e valutare i presupposti di fatto e di diritto in relazione ai quali sorge il debito d’imposta . Oltre agli elementi che contribuiscono a determinare l’ an ed il quantum dell’obbligazione doganale, gli uffici verificano anche dell’adempimento degli obblighi previsti dalle norme tributarie ed extratributarie la cui applicazione è demandata alle dogane. La dichiarazione di vincolo al regime doganale viene normalmente accettata dall’autorità doganale e iscritta nel registro corrispondente alla destinazione doganale richiesta, con attribuzione di numero e data di registrazione, la quale assegna al documento valore di bolletta doganale. Successivamente all’accettazione della dichiarazione, la merce da sottoporre a visita doganale viene selezionata automaticamente attraverso il c.d. circuito doganale di controllo allo scopo di accertare la classificazione ai fini doganali, la quantità, il valore e l’origine delle merci e ogni altro elemento utile alla liquidazione dei diritti doganali. Laddove dai controlli effettuati non emergano difformità rispetto alla dichiarazione o il dichiarante non contesti le difformità riscontrate, l’Ufficio appone sulla bolletta doganale apposita annotazione , firmata e datata, facendo sorgere l’obbligazione e liquidando i diritti doganali. Allorché, invece, prima che l’accertamento diventi definitivo l’ufficio doganale contesti all’operatore economico un’inesattezza, un’omissione o un errore concernente un elemento preso in considerazione, tale soggetto può contestare l’accertamento in essere, tra le altre cose instaurando una “controversia doganale” .

Gli elementi per la liquidazione dei diritti doganali

Con la liquidazione dei diritti doganali, gli uffici doganali provvedono a quantificare l’importo dei dazi nonché degli altri oneri doganali dovuti dall’interessato in relazione all’operazione doganale posta in essere, attraverso gli elementi da quest’ultimo comunicati nella dichiarazione presentata e nella relativa documentazione di accompagnamento, anche sulla base delle eventuali verifiche fisiche o documentali dagli stessi effettuate. L’individuazione delle caratteristiche delle merci presentate in dogana, in particolare, è di fondamentale importanza al fine di determinare la corretta fiscalità applicabile alle stesse nonché l’eventuale assoggettamento dei beni a particolari misure di restrittive o divieti economici. Tale attività assume particolare rilievo, naturalmente, laddove essa sia connessa alla nascita di una obbligazione doganale, quando cioè si tratta di determinare l’ importo dei diritti doganali . In questa ipotesi, infatti, gli uffici accertano, ai fini della liquidazione dei diritti gravanti sulle merci, gli elementi comunicati a tale scopo dall’operatore attraverso la dichiarazione doganale. La verifica della qualità, quantità, valore e origine delle merci oggetto di dichiarazione doganale consente, in particolare, di determinare l’importo dell’obbligazione doganale, laddove quest'ultima sorga. Al riguardo, se la nozione di “quantità” è abbastanza semplice intuitiva, più complessa e articolata è invece la determinazione degli altri elementi oggetto di accertamento.

Contestazioni dell'operatore in sede di accertamento: la controversia doganale

La controversia doganale costituisce un procedimento amministrativo che ha la finalità di risolvere le contrapposizioni che insorgono nell’ambito dell’attività amministrativa doganale. Scopo di tale istituto è infatti quello di pervenire, in caso di contestazione tra dogana e operatore in sede di accertamento, all’ esatta tassazione dei beni , attraverso un’indagine volta ad identificare la merce, in modo da inquadrarla in una voce merceologica della tariffa doganale o ad individuare le varie componenti del valore e accertare la quantità o l’origine dei beni, e comunque riscontrare qualsiasi elemento che influisca sull’accertamento o sulla liquidazione dei diritti in corso dell’accertamento stesso. La controversia doganale rappresenta dunque un “sub-procedimento” nell’ambito del procedimento di accertamento doganale. In attesa della definizione della controversia, la merce può tuttavia essere rilasciata all’operatore, previa prestazione di idonea garanzia.

Obbligazione doganale e riscossione dei diritti doganali

Una obbligazione doganale costituisce l’ obbligo in capo ad un soggetto passivo di corrispondere i dazi previsti dalle pertinenti disposizioni doganali. Essa sorge in virtù della nascita del sottostante rapporto giuridico doganale . L’importo dell’obbligazione doganale viene determinato nella fase di liquidazione , attraverso la quale viene quantificato l’importo dei diritti doganali dovuti dall’operatore in relazione all’operazione doganale posta in essere.  L’ ultima fase sub procedimentale dell’accertamento è invece la riscossione , la quale si conclude con il pagamento dei diritti da parte dell’operatore/debitore, che può avvenire contestualmente all’operazione e/o essere successivo alla stessa.

La revisione dell'accertamento doganale

Attraverso l’istituto della revisione dell’accertamento , gli uffici doganali riaprono l’accertamento già divenuto definitivo allo scopo di verificare gli elementi base del controllo doganale sulle dichiarazioni ed ogni altro elemento necessario alla verifica della regolarità dell’operazione. Con la revisione dell’accertamento doganale, l’autorità competente, in contraddittorio con l’operatore, interviene infatti a regolarizzare la dichiarazione doganale precedentemente presentata dall’interessato dopo che i beni oggetto dell’accertamento sono stati lasciati alla libera disponibilità dell’operatore o sono già usciti dal territorio doganale. Ciò sulla base di nuovi elementi a suo tempo omessi o di elementi esistenti ma non correttamente valutati. Tale procedura, che può aver luogo su iniziativa dell’Ufficio doganale o su istanza dell’operatore interessato, si conclude con la rettifica della bolletta doganale oggetto di revisione o con la conferma dell’accertamento precedente.

Le sanzioni per le inesattezze in dichiarazione

In materia doganale, gli Stati membri hanno la possibilità di determinare il sistema sanzionatorio che sembra loro più appropriato . Ciò, tuttavia, nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali e, in particolare, di quello di proporzionalità . Nell’ambito nazionale, norma di riferimento per quanto concerne le irregolarità commesse in sede di compilazione della dichiarazione doganale relative agli elementi (qualità, quantità e valore delle merci) che consentono la quantificazione dei diritti doganali per merce destinata ad essere introdotta nel mercato nazionale è l’ articolo 303 del Tuld , nell’ambito del quale vengono individuate un’ ipotesi sanzionatoria di base nonché circostanze esimenti e altre aggravanti , concernenti qualità, quantità e valore delle merci. In caso di applicazione di sanzioni doganali, infine, è possibile ricorrere agli strumenti del ravvedimento operoso nonché della revisione dell’accertamento su istanza di parte.

L'interdipendenza tra Stati richiede una gestione comune dei problemi

È sempre più evidente la necessità per gli Stati membri di operare come una singola amministrazione nella gestione dell'unione doganale. Nonostante l'importante modernizzazione attuata dalla nuova legislazione doganale, non si riscontra ancora un' applicazione armonizzata e standardizzata dei controlli doganali da parte degli Stati membri. Estremamente rilevanti per gli interessi finanziari della Ue sono le conseguenze della mancata adozione di un approccio uniforme ai controlli doganali . In ambito doganale esiste invero una forte interdipendenza tra le amministrazioni nazionali, di cui non si può non prendere atto laddove si voglia perseguire una migliore tutela degli interessi finanziari della Ue e una maggiore sicurezza dell'Unione europea e dei suoi cittadini. La gestione dei rischi Il nuovo codice doganale, nella sua definitiva attuazione, ha come obiettivi principali la fine delle procedure su supporto cartaceo, la digitalizzazione delle interazioni tra operatori commerciali e servizi doganali nonché una gestione rafforzata del rischio . Negli ultimi anni, tuttavia, in capo alle autorità doganali sono emerse delle difficoltà in merito all’adempimento delle funzioni ad esse assegnate. Nonostante l’importante modernizzazione attuata dalla nuova legislazione doganale, ad oggi non si riscontra infatti un’applicazione armonizzata e standardizzata dei controlli doganali da parte degli Stati membri. Stanno infatti aumentando gli squilibri tra gli Stati membri nei controlli doganali , a causa di approcci e risorse differenti per fronteggiare le varie problematiche che vengono a configurarsi in ambito doganale, quali la sottovalutazione delle merci, l’errata descrizione dell’origine, l’errata classificazione ecc. In particolare, sebbene le autorità doganali già effettuino una gestione dei rischi basata su un quadro comune in materia di gestione del rischio a livello unionale, il quadro di gestione dei rischi non è in realtà attuato nello stesso modo in tutti gli Stati membri. Ad esempio, alcuni Stati membri, non avendo a disposizione dati sufficienti, non svolgono analisi dei rischi a fini fiscali nella fase precedente all’arrivo delle merci oppure al momento della notifica, da parte degli operatori commerciali, dell’arrivo delle merci presso la loro sede. Tutto ciò ha delle conseguenze estremamente rilevanti per gli interessi finanziari della Ue. Se infatti gli Stati membri non seguono un approccio uniforme ai controlli doganali, è possibile che, ai fini dell’effettuazione di importazioni fraudolente, sia sufficiente scegliere l’anello più debole della catena, in tal modo evitando il rilevamento delle stesse. In ogni caso, comunque, i controlli doganali, laddove gravosi, possono incidere sulla scelta dell’ufficio doganale di importazione da parte degli operatori commerciali, provocando una diversione dei traffici verso porti o aeroporti caratterizzati da controlli meno rigorosi, generando in tal modo una distorsione dei flussi commerciali . Le sanzioni Problemi analoghi si vengono a creare anche a causa dell’assenza di un sistema comune unionale di infrazioni e sanzioni . Anche in quest’ambito, infatti, gli Stati membri che hanno una normativa più clemente per quanto concerne le sanzioni riescono ad attrarre un traffico maggiore verso i propri porti o autoporti. Tale ultima diversità di trattamento all’interno dei singoli Stati membri genera inoltre problemi con riferimento all’accesso alle semplificazioni e alle agevolazioni doganali o al processo di ottenimento della qualifica di Aeo, dal momento che queste ultime richiedono la sussistenza di criteri relativi rispetto della normativa doganale e l’assenza di infrazioni gravi. In sostanza, quindi, le attuali differenze procedurali tra i diversi Stati membri , in particolare riguardo allo sdoganamento, alle ispezioni, alle sanzioni e ai controlli, creano frammentazione, oneri amministrativi aggiuntivi e ritardi, causano divergenze nella riscossione delle imposte tra gli Stati membri e distorsioni del mercato e hanno un impatto negativo sull’ambiente, avvantaggiando altresì coloro che violano la normativa doganale. L’accesso ai dati A queste lacune del sistema doganale europeo si aggiunge inoltre la mancanza di informazioni da parte dei sistemi di valutazione del rischio degli Stati membri. Accade spesso, infatti, che tali sistemi non includano informazioni importanti, dal momento che i dati non vengono raccolti o condivisi tra gli Stati membri oppure perché questi ultimi non dispongono di informazioni comparative a livello di Unione che consentano loro di interpretare i propri dati nazionali. Sebbene una grande quantità di dati presenti in numerose banche dati e piattaforme di dati dell’Unione europea e degli Stati membri venga già utilizzata ai fini della gestione del rischio, ancora non si è provveduto infatti a interconnettere e a sfruttare adeguatamente questo immenso patrimonio di dati , a cui le autorità doganali e la Commissione dovrebbero invece poter accedere in modo più semplice e rapido. Ad ogni modo, al fine di assicurare in tutta l’Unione europea un controllo doganale di livello equivalente da parte di autorità doganali che operano in condizioni geografiche, economiche e organizzative diverse, occorre non solo che i controlli si basino su norme comuni ma che gli stessi vengano applicati dagli Stati membri in modo armonizzato e standardizzato. Sono necessarie cioè procedure amministrative armonizzate ed uno svolgimento standardizzato e semplificato delle operazioni in tutto il territorio doganale della Ue da parte delle amministrazioni competenti. Sebbene la normativa doganale sia adottata a livello dell’Unione europea, la sua attuazione è infatti affidata agli Stati membri, attraverso le rispettive amministrazioni doganali nazionali. Serve quindi correggere gli squilibri tra gli Stati membri nei controlli doganali, in particolare garantendo che tutti gli Stati dispongano di risorse umane adeguate e qualificate nonché di attrezzature moderne e affidabili per l’espletamento dei controlli doganali, anche attraverso una misurazione accurata e continua delle prestazioni, delle attività e dei compiti di controllo doganale di ciascun Stato membro. A tal fine, sarà necessario innanzitutto realizzare un miglioramento della gestione del rischio , in modo da consentire alle autorità doganali nazionali di individuare i flussi commerciali a rischio, effettuando controlli più mirati, efficienti ed efficaci in termini di costi. Per fare ciò, occorrerà tuttavia creare un repertorio comune di dati , che consenta una condivisione tempestiva e adeguata delle informazioni, nonché potenziare l’ analisi dei dati a livello unionale. In particolare, sarà necessario innanzitutto utilizzare adeguatamente i dati già esistenti sulle importazioni e sulle esportazioni, al fine di analizzare i flussi commerciali.  Al riguardo, il nuovo sistema elettronico di controllo delle importazioni (ICS2) delle dogane, che sarà introdotto in tre fasi tra il 2021 e il 2024 allo scopo di individuare e bloccare preventivamente le minacce alla sicurezza dell’Ue, fornirà ulteriori dati e informazioni. Allo stesso tempo, si dovrà realizzare una condivisione e interconnessione dei dati disponibili, a cui le autorità doganali nazionali e la Commissione devono poter accedere in modo rapido e semplice. In ragione della dimensione transnazionale dei rischi, è infatti sempre più evidente la necessità di mettere in comune i “dati ufficiali” già elaborati a livello nazionale. Quanto all’analisi dei dati, quest’ultima deve essere in grado di promuovere un uso migliore e più esteso delle informazioni provenienti da tutte le fonti, facilitando le interconnessioni nella gestione dei rischi, nei controlli doganali e nelle azioni antifrode. Essa, inoltre, deve agevolare il monitoraggio delle tendenze e dei modelli, consentendo di individuare carenze e vulnerabilità e quindi di adottare decisioni politiche in modo più consapevole. Tutto ciò, tuttavia, potrà essere realizzato soltanto attraverso un’ intensa cooperazione operativa tra le amministrazioni doganali d egli Stati membri nonché tra tali amministrazioni doganali e le altre autorità, in particolare le autorità di contrasto e le autorità responsabili per la sicurezza, nonché gli operatori commerciali e altre terze parti. Ciò nondimeno, l’efficacia della cooperazione doganale dipende strettamente, a sua volta, dallo sviluppo di capacità nel settore delle tecnologie informatiche e, in particolare, dal potenziamento dei sistemi informatici esistenti nonché dallo sviluppo e dall’utilizzazione di nuovi sistemi. Al riguardo, il nuovo codice doganale dell’Unione ha innescato un vasto progetto di digitalizzazione , con 17 diversi sistemi elettronici, per i quali l’entrata in funzione avrà luogo gradualmente fino al 2025 . Detti sistemi elettronici riguardano tutte le procedure doganali e saranno pertanto al centro del funzionamento dell’unione doganale. Una volta attuato l’intero insieme dei sistemi informatici, sarà infatti possibile modernizzare e armonizzare ulteriormente le procedure di importazione, esportazione e transito, introducendo altresì nuovi strumenti, quali lo sdoganamento centralizzato. L’utilizzo di sistemi elettronici in tutte le interazioni tra operatori economici e autorità doganali, in particolare, ridurrà i costi amministrativi e gli oneri burocratici e rafforzerà la collaborazione tra le autorità doganali e l’interoperabilità tra i diversi sistemi elettronici. Infine, allo scopo di evitare il commercio illegale nonché distorsioni della concorrenza, occorre al più presto dar vita ad un regime omogeneo a livello unionale di rilevazione e di imputazione di infrazioni e di misure sanzionatorie, civili e non penali, anche attraverso l’applicazione di un sistema unico per infrazioni e di un sistema sanzionatorio unitario. Osservazioni finali Per garantire i massimi benefici per le amministrazioni nazionali, le imprese e i cittadini gli Stati membri, è oramai evidente infatti la necessità per gli Stati membri di operare come una singola amministrazione nella gestione dell’unione doganale. In ambito doganale esiste invero una forte un’ interdipendenza tra le amministrazioni nazionali , di cui non si può non prendere atto laddove si voglia perseguire una migliore tutela degli interessi finanziari dell’Unione e una maggiore sicurezza della Ue e dei suoi cittadini.

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