OPINIONE

Finalmente definito l'«abuso del diritto»

Il nuovo art. 10-bis dello Statuto del contribuente , dopo anni di pronunce giurisprudenziali in tema, traccia i contorni del concetto di « abuso del diritto » in ambito fiscale (o «elusione fiscale»). Significativa è la declaratoria di non sanzionabilità penale dell’ elusione , che non è un regalo, ma la conferma che questa categoria di sottrazione di materia imponibile è assolutamente residuale , rispetto alle ipotesi di evasione, simulazione, interposizione fittizia, che hanno un’autonoma disciplina e che in molti atti di accertamento venivano invece rimescolate assieme.

ACCERTAMENTO

Nuovo «abuso del diritto»: definizioni e disciplina

Il nuovo art. 10-bis, L. 212/2000 , efficace dal 1° ottobre 2015 , definisce finalmente a livello legislativo la nuova fattispecie dell’ abuso del diritto (o elusione fiscale ), dopo anni di pronunce giurisprudenziali in tema. L’introduzione nell’ordinamento tributario dell’art. 10-bis comporta la contestuale abrogazione dell’art. 37-bis, D.P.R. 600/1973.

Abuso del diritto

L’ art. 1, D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 (in G.U. n. 190 del 18 agosto 2015), dettando disposizioni in materia di certezza del diritto ha introdotto nel corpo della L. 27 luglio 2000, n. 212 – Statuto dei diritti del contribuente – il nuovo art. 10-bis , provvedendo così a codificare nel diritto positivo la nozione generale di abuso del diritto , in precedenza istituto di derivazione giurisprudenziale, e abrogando contestualmente l’ art. 37-bis , D.P.R. 600/1973 [CFF6337a] .

Nuove disposizioni sul raddoppio dei termini

In attuazione della delega fiscale conferita con la legge 11 marzo 2014, n. 23, tesa alla realizzazione di un « sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita », il Governo ha emanato il   D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 , recante, tra l’altro, disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra Fisco e Contribuente. Il decreto, pubblicato nella G.U. (serie generale n. 190 del 18 agosto), volto a dare maggior certezza giuridica e stabilità al sistema tributario nazionale, contiene, al titolo II, norme di revisione della disciplina del raddoppio dei termini per l’ accertamento di cui agli artt. 43, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 [CFF3643] (in tema di imposte sui redditi ) e art. 57 , D.P.R. 26 ottobre 1972 , n. 633 [CFF257] (in materia di imposta sul valore aggiunto ).

Iva e trasmissione telematica di fatture e corrispettivi

Il D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 127 , pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 agosto 2015, fa parte di quello che possiamo definire il « pacchetto » di decreti delegati , finalizzati alla riforma del sistema tributario . Il decreto n. 127 introduce importanti novità in tema di fattura elettronica , nei rapporti fra soggetti passivi d’imposta privati , ossia non rientrati tra quelli facenti parte della pubblica Amministrazione. Con riferimento a questi ultimi è ben noto, infatti, che a partire proprio dal 2015 è divenuto obbligatorio per i fornitori emettere fattura elettronica, pena il non pagamento del corrispettivo da parte della stessa pubblica Amministrazione. Ma per tornare al decreto legislativo di recente emanazione, viene altresì prevista all’interno dello stesso e con decorrenza 1° gennaio 2017 , la possibilità di memorizzare e trasmettere in via telematica i dati dei corrispettivi giornalieri , per i soggetti che non hanno l’obbligo di emissione della fattura .

Conciliazione giudiziale

La conciliazione giudiziale è un istituto endoprocessuale e incidentale che consente al contribuente e all’Amministrazione finanziaria di estinguere , totalmente o parzialmente, una lite già instaurata , attraverso un atto di natura transattiva diretto a ridefinire le pretese impositive, usufruendo della riduzione al 40% delle sanzioni amministrative ricalcolate sulla base dell’imposta conciliata. L’istituto ha la funzione di favorire una definizione concordataria – non ancora matura nella fase precontenziosa – sotto il controllo del giudice tributario di 1° grado . In attuazione della Legge delega 11 marzo 2014, n. 23 , il decreto legislativo per la revisione della disciplina del contenzioso tributario prevede, però, di estenderne l’applicabilità anche al secondo grado di giudizio .

Certificazione del credito per le imposte estere

Sono frequenti i casi in cui l’Amministrazione finanziaria, a seguito di controllo formale ex art. 36-ter, D.P.R. 600/1973 [CFF6336b] , chieda la documentazione comprovante la definitività delle imposte assolte all'estero ai fini del riconoscimento del « foreign tax credit ». È prassi dell’Amministrazione finanziaria, in tali casi, ritenere insufficiente la documentazione probatoria prodotta dal contribuente, indicando la necessità di esibire documentazione dalla quale risulti l’ammontare del reddito prodotto all’estero e le imposte ivi pagate a titolo definitivo debitamente vistate dall’Amministrazione finanziaria dello Stato estero. Il recente intervento dell’Amministrazione finanziaria, operato con la C.M. 5 marzo 2015, n. 9/E ha fatto luce sulla documentazione necessaria comprovante la definitività delle imposte   assolte all'estero  ai fini del riconoscimento del « foreign tax credit », sovvertendo le precedenti indicazioni fornite sul tema a allineandosi all’orientamento della Corte di Giustizia europea.

Fatture false: anche il consulente ne risponde

Risponde di emissione e utilizzo di fatture false in concorso il consulente fiscale che registra tali documenti con la consapevolezza che siano riferiti a operazioni inesistenti; la Cassazione conferma la condanna in concorso per utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti nei confronti di un consulente fiscale dovendosi ritenere che, per un soggetto professionalmente esperto, gli elementi indicati corrispondono alla piena conoscenza dell’intento fraudolento della fatturazione e del conseguente recepimento in bilancio di documenti irregolari, che hanno l’evidente finalità di attuare una frode fiscale. Per la Corte di Cassazione il professionista che pur a fronte di evidenti segnali di irregolarità nelle operazioni svolte e della documentata evasione delle imposte della società a cui prestava consulenza, continua nella consulenza fiscale, rappresenta una condotta interamente connotata dal dolo generico .

RISCOSSIONE

Accertamento antiabuso: riscossione di somme in pendenza di giudizio

Nell’ ipotesi di impugnazione di accertamenti eseguiti sulla base della cd. « clausola antiabuso », la riscossione delle somme in pendenza di giudizio segue regole diverse rispetto a quelle previste per gli altri tipi di accertamento . Nel caso, infatti, di accertamenti antiabuso, le maggiori imposte accertate e gli interessi possono essere iscritti a ruolo nei limiti previsti dall ’art. 68, D.Lgs. 546/1992 , dopo la sentenza di primo grado di rigetto del ricorso. Ne consegue, pertanto, che sia le imposte e gli interessi che le sanzioni possono essere riscosse nella misura dei due terzi , solo dopo la sentenza di primo grado favorevole all’Ufficio . Pertanto, di solito, fino al primo grado di giudizio non occorre bloccare la riscossione mediante la presentazione di un’istanza di sospensiva urgente alla Commissione tributaria provinciale. Qualora però l’Ufficio nell’atto impositivo antiabuso dovesse erroneamente far riferimento alle normali regole di riscossione delle somme dovute in pendenza di giudizio , è opportuno presentare allo stesso un’istanza di autotutela parziale al fine di prevenire eventuali azioni esecutive da parte dell’Agente della riscossione.

CONTENZIOSO

Consulenza tecnica nel processo tributario

Nel processo tributario vengono applicate anche le norme del Codice di procedura civile , qualora compatibili . Di conseguenza, quando il giudice tributario ritiene che ai fini del decidere sia necessaria una competenza estranea al diritto e al proprio sapere giuridico, può acquisire gli elementi conoscitivi di particolare complessità mancanti ricorrendo al consulente tecnico , tenuto conto soprattutto dell’attuale crisi che attanaglia l’intera economia. Per evitare che avvisi di accertamento con elevate cifre di reddito siano confermati dalla Commissione tributaria è necessario che vi sia l’ intervento di un tecnico che, con la redazione della propria perizia, valuti con serenità di giudizio l’operato dell’ufficio che, con il suo operato, aiuta a rendere il processo tributario più giusto per le parti stesse.

Nuovo reato di falso in bilancio

Dal 14 giugno 2015 è entrata in vigore la nuova normativa sul cd. « falso in bilancio» , per effetto degli artt . 9 , 10 e 11, L. 27 maggio 2015, n. 69, in G.U. n. 124 del 30 maggio 2015, che hanno riscritto gli artt. 2621 e 2622, c.c. e introdotto i nuovi artt. 2621-bis e 2621-ter . La riforma, se da una parte va nella direzione, da molti auspicata, di un maggior rigore , non solo sanzionatorio , dall’altra, forse a sorpresa, sembra « limitare » l’ambito applicativo della disciplina da cui sono state escluse le « valutazioni », le quali, notoriamente, si riflettono sulla maggior parte delle voci di bilancio. Di seguito si esporranno i tratti essenziali delle nuove disposizioni confrontate con la «vecchia» normativa, anche alla luce delle prime pronunce giurisprudenziali intervenute sull’argomento.

Rassegna Massimario

Interessi passivi e principio di inerenza

Gli interessi passivi sono o meno sottoposti al preventivo sindacato di inerenza , ai fini della loro deducibilità dal reddito d'impresa? Secondo un indirizzo giurisprudenziale di legittimità, ormai consolidato da più di un decennio, gli oneri finanziari sono sottratti al sindacato di inerenza ai sensi dell'art. 109, co. 5, D.P.R. 917/1986. Con un'isolata pronuncia del 2013 la Corte, tuttavia e con particolare riguardo ad operazioni di Mlbo, ha affermato che anche gli interessi passivi sono sottoposti al preventivo sindacato di inerenza al pari di qualsiasi altro onere. Si espongono di seguito le sentenze di legittimità e di merito pronunciate in materia.

Operazioni di «merger leveraged buy out»

Il problema che si vuole affrontare in questa sede è quello di stabilire se gli interessi passivi siano o meno sottoposti al preventivo sindacato di inerenza , ai fini della loro deducibilità dal reddito d'impresa. Il rapporto tra interessi passivi e principio di inerenza merita un'attenta riflessione. In via preliminare è necessario individuare la fonte di radicamento di tale principio. In altre parole si deve preliminarmente stabilire se il principio di inerenza si radica in una regola scritta che trova la sua residenza nell' art. 109, co. 5, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 [CFF5209] , ovvero in una regola non scritta implicita ed ineludibile alla determinazione del reddito imponibile. Sul punto giurisprudenza ed Amministrazione finanziaria da una parte e dottrina dall'altra, giungono a conclusioni non uniformi.

loader