L’art. 18, co. 2, lett. e), D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, individua i motivi di ricorso , che sono tipicamente costituiti dal « petitum
» e dalla « causa petendi
». Secondo la « teoria costitutivista » i motivi del ricorso introduttivo del processo tributario coincidono con i vizi dell’ atto fiscale impugnato, mentre secondo la « teoria dichiarativista » i motivi del ricorso introduttivo del processo tributario si allargano a tutte le allegazioni difensive . Nel ricorso introduttivo, relativamente all’oggetto ci sono i vizi di fatto , che sono principalmente vizi di merito e poi i vizi di diritto , che sono in linea di massima relativi alla violazione delle norme. Relativamente al tipo di atto, vi sono vizi immediati che sono quelli di quell’atto, e vizi mediati, vale a dire vizi di atti presupposti all’atto che si impugna. Relativamente alla scadenza temporale, i vizi – di fatto o di merito – sono « originari » se sono propri dell’atto, e « sopravvenuti » se vizi successivi, differenti da quelli originariamente indicati nel ricorso. In tal senso l’art. 24, D.Lgs. 546/1992 ammette l’ integrazion e dei motivi , quando sia « resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione ». Il carattere impugnatorio del processo tributario comporta che il meccanismo d'instaurazione è imperniato sull'impugnazione del provvedimento impositivo, avente funzione di «provocatio». L'enunciazione dei motivi delimita la materia del contendere e l'omessa o incompleta formulazione dei motivi di opposizione, anche in presenza di una domanda riguardante l’annullamento dell’intero atto impositivo, ancorché potenzialmente in grado di determinare la possible inammissibilità parziale del ricorso, non fa, tuttavia, venir meno l’idoneità del gravame ad investire il Giudice del controllo giurisdizionale dell’atto impositivo nella sua interezza.