SOCIETÀ ESTINTE

Fari puntati sull'estinzione delle società

La disciplina degli accertamenti alle società estinte è da tempo al centro dell'attenzione degli operatori, soprattutto dopo l'introduzione della previsione che differisce, ai fini fiscali, gli effetti della cancellazione delle società per un periodo quinquennale . Dall'esame degli aspetti civilistici della fattispecie all'analisi della disciplina tributaria e delle incongruenze rispetto all'ordinamento civile, nella trattazione è evidenziata pure la ratio ispiratrice della disposizione del decreto Semplificazioni che risiede nella necessità di creare i presupposti per l'innesco della speciale procedura dell'articolo 36 del Dpr 602/1973. Infine sono rilevati gli ulteriori profili di incostituzionalità non ancora presi in esame dalla Consulta e che, prima o poi, saranno rimessi all'attenzione del giudice delle leggi.

Società estinte, una disciplina non esente da critiche

Quella sulle società estinte è una normativa che, pur essendo recente, è stata oggetto di numerose critiche da parte degli operatori. E questo anche dopo l’ intervento della Corte costituzionale , che si è espressa circa la legittimità di tale disciplina. Nonostante l’astratta validità del proposito di tutela fiscale sotteso ad essa, infatti, il precipitato normativo che ne è scaturito ha lasciato molto a desiderare, soprattutto a livello sistematico. A ben vedere, però, la soluzione al problema è già presente nell’ordinamento ed è rappresentata dalla costruzione di origine giurisprudenziale delle società a ristretta base sociale . Non si vede dunque quale forma più efficace di questa possa concepirsi a tutela degli interessi erariali , senza dover necessariamente creare nuovi e discutibili percorsi fiscali.

Il dato civilistico in materia di società estinte

Prima di passare a esaminare la normativa fiscale sulle società estinte, è opportuno prendere in esame la caratterizzazione civilistica dell’evento estintivo di questi enti. Nella vigente riformulazione dell’articolo 2495 c.c., relativo alla cancellazione delle società, è stata inserita la locuzione “ ferma restando l’estinzione della società ”, fissando così uno stretto collegamento tra la cancellazione dal Registro delle imprese e l’ estinzione della società, di modo che la suddetta cancellazione consuma in modo non revocabile l’estinzione dell’ente societario (sia di capitali che di persone). La cancellazione della società dal Registro delle imprese ha quindi efficacia costitutiva , essendo condizione necessaria e sufficiente per l’estinzione della società.

Le società estinte nella normativa fiscale

L’ articolo 28 del Dlgs 175/2014 , stabilendo che, ai fini della validità e dell’efficacia degli atti di imposizione e riscossione, l’estinzione della società ha effetto trascorsi cinque anni dalla cancellazione dal Registro delle imprese, ha inteso contrastare i comportamenti, che possono essere posti in essere dai contribuenti, diretti a sottrarre la società ai suoi obblighi tributari e contributivi. È stata realizzata così una sorta di “finzione giuridica” , facendo rivivere così la società per un arco temporale quinquennale . Il “sentiero” per arrivare a questo risultato però è tracciato in maniera maldestra, creando una serie di pesanti incongruenze , non di poco conto. E uno degli ambiti più criticati, che presenta profili di indubbia illegittimità , è quello processuale , con la previsione che la società , ancorché giuridicamente inesistente , al pari dei suoi organi, potesse stare in giudizio , potendo quindi altresì impugnare gli atti che le fossero stati notificati dalle varie Amministrazioni dopo l’estinzione. Con evidente dicotomia civilistico-fiscale che si viene a realizzare: giuridicamente la società non esiste, mentre essa verrebbe a risultare esistente solo per essere destinataria di atti di accertamento, di liquidazione e di riscossione. Nasce in questo modo una sorta di “mostro giuridico” .

La "causa prima" della disciplina sulle società estinte

La responsabilità dei soci, degli ex amministratori e dei liquidatori di cui all’articolo 36 del Dpr 602/1973 non è una responsabilità in solido con la società, ma una responsabilità per fatto proprio , imputabile a tali soggetti. Si tratta, infatti, di un debito distinto dall’obbligazione tributaria dell’ente collettivo anche se a quest’ultima obbligazione il debito è commisurato. La responsabilità (dei soci, dei liquidatori, degli ex amministratori) va accertata con apposito atto motivato, ulteriore e successivo rispetto a quello emesso nei confronti della società: così che la motivazione deve riferirsi alla sussistenza degli specifici presupposti individuati dallo stesso articolo 36 del Dpr 602/1973. La responsabilità deriva, in conclusione, da una obbligazione tributaria non assolta dalla società , cosa che può avverarsi soltanto quando l’imposta è stata prima accertata nei confronti della società o, perlomeno, iscritta in ruoli anche provvisori. Occorre, quindi, che il credito dell’Amministrazione verso l’ente collettivo risulti certo e tendenzialmente definitivo al momento dell’estinzione della società. Cosicché i liquidatori e i soci (oltreché gli ex amministratori) possano essere chia mati a rispondere , solamente se, e nei limiti in cui, l’amministrazione può dimostrare l’esistenza di un’obbligazione tributaria non assolta da parte della società. Conseguentemente, la responsabilità si riferisce a debiti tributari sorti entro la cancellazione dal Registro delle imprese e non successivamente).

La sentenza 142/2020 e i profili di illegittimità della disciplina

Essendo stata la norma del Dlgs 175/2014 mal concepita, fin da subito furono manifestati dubbi sulla sua legittimità , in contrasto con i precetti civilistici. Senza poi considerare che la società estinta risulta anche sprovvista della soggettività passiva tributaria , nel senso che, con la cancellazione dal Registro delle imprese, la società non può essere individuata nemmeno come soggetto passivo del tributo. Ed è assolutamente incongruente che un soggetto, sprovvisto della soggettività passiva tributaria, risulti però legittimato per talune conseguenze derivanti dalla stessa soggettività. Tuttavia, nonostante le diverse illogicità di cui alla disciplina delle società estinte, la medesima ha superato il vaglio di legittimità costituzionale . Questo, almeno, relativamente ai rilievi che sono stati evidenziati con l’atto di rimessione alla Consulta. In particolare, considerati i “limitati” profili sottoposti all’ esame della Consulta (eccesso/carenza di delega in capo all’estensore del relativo decreto legislativo), non può escludersi un successivo intervento della stessa.

Verso una nuova rimessione al Giudice delle leggi?

Numerose sono le critiche mosse alla disciplina delle società estinte, che non si sono fermate neppure davanti all'intervento della Corte costituzionale, cui è stata sottoposta la questione di legittimità della disciplina stessa. In realtà, i profili sottoposti all'esame della Consulta sono "limitati". La Corte, ad esempio, non ha preso in considerazione nella propria sentenza n. 142/2020 l'aspetto processualistico, relativo alla possibile legittimazione di un soggetto estinto. Non può dunque escludersi un successivo intervento della Consulta stessa in tema.

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