AGGREGAZIONI AZIENDALI E PROFESSIONALI

Verso un rafforzamento della tutela del contribuente

Società non operative, abuso della persona giuridica, test di operatività, presunzioni, cause di esclusione e disapplicazione, carattere "antievasivo" delle norme: sono questi alcuni dei "tasselli" dell'analisi della complessa materia delle società di comodo che Dario Deotto e Francesco Paolo Fabbri, dello Studio Deotto&Partner, fanno in questo numero della Rivista. Prendendo le mosse da una disciplina chiaramente antievasiva, gli autori ci guidano alla comprensione di un fenomeno e di un quadro normativo che negli anni ha subito modifiche e cambiamenti, spesso a scapito del contribuente. In realtà, l'ordinamento offre delle soluzioni per contrastare il fenomeno delle società di comodo, spesso azionate. È auspicabile quindi un intervento legislativo importante in difesa del contribuente.

AGGREGAZIONI AZIENDALI

Il bonus aggregazioni per le operazioni entro il 2022

L’articolo 11 del Dl 34/2019 ha previsto un incentivo ai processi di aggregazione aziendale , in particolare a quelli posti in essere tramite operazioni di fusione, scissione e conferimento d’azienda o di ramo perfezionate entro il 31 dicembre 2022. Tale “bonus aggregazioni” si sostanzia nel riconoscimento fiscale gratuito del disavanzo da concambio che si genera ad esito delle operazioni straordinarie citate e che viene imputato a talune tipologie di beni (avviamento e beni strumentali, materiali e immateriali). Questo, ricorrendo le condizioni di “operatività” e “indipendenza” delle società coinvolte nelle operazioni, e fatte salve le ipotesi di decadenza dal beneficio fiscale in tutti quei casi in cui, entro i quattro periodi d’imposta successivi al perfezionamento dell’ operazione agevolabile , i beni oggetto di imputazione del maggiore valore fiscale vengano ceduti o abbiano luogo ulteriori operazioni straordinarie. 

La "nuova" disposizione agevolativa sulle aggregazioni di imprese

Il Dl 34/2019 non è l’unica norma ad incentivare le operazioni di aggregazione tra aziende alla data odierna. Ed infatti, a quanto previsto dall’articolo 11 di questo decreto si aggiunge la previsione dell’articolo 1, commi 233 e seguenti, della legge 178/2020 (c.d. legge di bilancio 2021), che ha a sua volta introdotto una misura fiscale di incentivo per le aggregazioni , in questo caso effettuate fino al termine del mese di dicembre 2021. A parità di soggetti beneficiari della disposizione - in particolare, le società “risultanti” dalle operazioni di fusione, scissione o conferimento d’azienda o di ramo d’azienda - la norma della legge 178/2020 stabilisce la possibilità per tali beneficiari di trasformare in credito di imposta , fruibile in compensazione, alcune poste iscritte in bilancio a titolo di “attività per imposte anticipate” (c.d. Dta). In particolare, si tratta delle Dta riferite a perdite fiscali pregresse ed eccedenze Ace non ancora utilizzate . Oltre alla sovrapponibilità del beneficio fiscale in esame con quello di cui all’articolo 11 del Dl 34/2020 (in mancanza di disposizioni che espressamente lo “vietino”), la disciplina della legge di bilancio 2021 presenta altre somiglianze con la norma vista in precedenza (condizioni di “operatività” e “indipendenza” dei soggetti coinvolti) così come alcune differenze, date dal diverso meccanismo di funzionamento dell’agevolazione de qua .

Processi aggregativi, i rischi di abusività della condotta

Le norme agevolative del Dl 34/2019 e della legge 178/2020 hanno come soggetti beneficiari le società coinvolte in alcune operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti). Fattispecie potenzialmente oggetto del rilievo di “abuso del diritto” ex articolo 10- bis della legge 212/2000. L’ abuso del diritto rappresenta infatti, in un certo qual modo, la contestazione “tipica” relativa alle operazioni straordinarie: figura individuabile solamente per esclusione, l’abuso del diritto si colloca tra i due limiti del “legittimo risparmio d’imposta”, da un lato, e dell’“evasione”, dall’altro, assumendo contorni spesso non ben delineati . Motivo per il quale l’abusività della condotta ben si presta, per l’appunto, ad essere sollevata nell’ambito dei processi aggregativi, nei quali si producono gli effetti giuridici più vari ed eterogenei. Da qui la necessità di prendere in considerazione la disciplina di contrasto all’abuso del diritto, così come stabilita normativamente dall’ articolo 10-bis dello Statuto del contribuente , nonché i vari pronunciamenti della prassi amministrativa sul tema a partire dall’entrata in vigore di tale ultima norma e fino ai giorni nostri.

Abuso del diritto, la prassi delle Entrate in cerca di stabilità

Dopo avere esaminato, a livello normativo, la disciplina dell’abuso del diritto, occorre prendere in esame i documenti di prassi che si sono espressi in merito. Documenti che dimostrano come, ad oggi, il pensiero dell’Agenzia delle Entrate in materia di abuso del diritto risulti ancora particolarmente ondivago . Quanto detto, nonostante, anche nel recente passato, siano state sottoposte all’Amministrazione finanziaria casistiche che non destano perplessità alcuna e a fronte delle quali l’autorità fiscale si è espressa in maniera senz’altro corretta. Si vedrà infatti che, a seguito dell’emanazione di documenti di prassi che si sono posti nel solco del dettato normativo in tema di abuso del diritto, non sono mancati pareri che, diversamente (e nel corso di vari anni), hanno fatto riscontrare criticità non irrilevanti a livello interpretativo . In particolar modo, se si considera l’argomento, ad oggi ancora “dominante” nella prassi amministrativa, secondo il quale l’ elusività della condotta del contribuente va riscontrata anche procedendo con un confronto con le ipotesi negoziali alternative a quella presa in considerazione (ipotesi negoziali alternative alle quali si collega, normalmente, una maggiore onerosità a livello fiscale).

Il riporto delle perdite fiscali in caso di fusione e scissione

Oltre alle possibili contestazioni in tema di abuso del diritto, tema che si è detto essere “naturalmente” correlato alle fattispecie di operazioni straordinarie, si deve altresì considerare che nell’ordinamento esiste una specifica previsione relativa alle operazioni di fusione ( e scissione ). Norma che, come noto, dispone limiti al riporto delle perdite per chi partecipa a simili operazioni. Ed infatti, per i soggetti coinvolti nelle fusioni (e scissioni) il riporto delle perdite rappresenta uno dei risvolti di maggiore rilevanza, in considerazione della previsione di cui all’articolo 172, comma 7, del Tuir (e 173, comma 10, per le scissioni), imponendosi di frequente per i contribuenti la questione relativa alla presentazione dell’interpello disapplicativo . Questo, evidentemente, al fine di vedersi riconoscere le “posizioni oggettive” che, altrimenti, non potrebbero essere riportabili a causa del mancato superamento del “test di vitalità” previsto dalla norma in esame. 

AGGREGAZIONI TRA PROFESSIONISTI

Stp come modello delle aggregazioni tra professionisti

Con l’articolo 10 della legge 183/2011 e il decreto attuativo 34/2013 è stato introdotto nell’ordinamento il modello societario della società tra professionisti . È stata quindi data la possibilità di costituire società per l’esercizio di attività professionali , segnatamente per svolgere le attività per le quali risulta prevista la necessità di iscrizione in appositi albi o elenchi regolamentati. Si tratta di una disciplina non “a sé stante” , dal momento che la costituzione della Stp postula l’adozione di uno dei modelli societari previsti dal codice civile (titoli V e VI del libro V). È chiaro quindi che la società tra professionisti non rappresenta una tipologia di società “autonoma” , da cui la necessità di contemperare le specificità di tale tipo di società con la disciplina applicabile al modello prescelto (fatte salve le specifiche deroghe e/o integrazioni previste dalla normativa in tema di Stp).

Il trattamento fiscale delle aggregazioni tra professionisti

Se è noto che le operazioni di aggregazione tra aziende sono regolate dal principio di “neutralità”, la stessa cosa non risulta altrettanto evidente con riferimento alle operazioni di aggregazione tra professionisti. Quanto detto, non tanto perché le associazioni fra professionisti non risultino parimenti neutrali – anche solo, come si vedrà, visto il progressivo avvicinamento, nel corso degli anni, tra le regole di determinazione del reddito d’impresa e quelle che si applicano ai redditi di lavoro autonomo – bensì a causa di una sorta di “obsolescenza normativa” per tale ultima tipologia reddituale (lavoro autonomo). Normativa, che, alla data odierna, non prevede la “neutralità” delle operazioni di aggregazione tra professionisti. Si ritiene, tuttavia, che le riorganizzazioni professionali, così come quelle tra imprese, non debbano incontrare ostacoli di carattere fiscale , non comportando, in linea generale, alcuna tassazione. Quanto detto, prendendo a riferimento la “trasformazione” dell’associazione professionale in Stp , se si considerano le norme di cui agli articoli 170 e 171 del Tuir, che stabiliscono la neutralità fiscale in tutti i casi in cui i beni, i crediti e le attività interessate dall’operazione non “transitino” in una sfera giuridica diversa da quella di provenienza (beni utilizzati per l’esercizio dell’attività professionale). Senza che si realizzi quindi, in questi ultimi casi, alcuna ipotesi di realizzo/destinazione dei beni e delle attività ad una finalità diversa da quella svolta in precedenza , e senza che si possa ritenere parimenti realizzato un “conferimento” – come si vedrà, invece, essere stato ipotizzato (erroneamente) da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Trasformazione da studio associato in Stp, si applica il regime di neutralità?

Il regime di neutralità fiscale deve essere garantito anche alle aggregazioni degli studi professionali . Tale neutralità non viene attualmente riconosciuta da parte dell’Amministrazione finanziaria, la quale, ad esempio, si è espressa in questo senso proprio nell’ipotesi di trasformazione da studio associato a Stp , tramite la risposta all’interpello n. 107/2018. Documento nel quale l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto applicabile a questa operazione il comma 2 dell’articolo 171 del Tuir, il quale disciplina la c.d. trasformazione eterogena da ente non commerciale a società soggetta all’Ires. Quanto detto, non rinvenendo alcuna disposizione che sancisca la neutralità della trasformazione in esame, considerata da parte delle Entrate come ipotesi realizzativa (quale “conferimento”) e, pertanto, da assoggettare a tassazione in base agli articoli 9 e 54 del Tuir. Questo parere della prassi - al quale pare si siano conformati numerosi uffici periferici dell’Amministrazione in sede di accertamento - non risulta affatto convincente, necessitandosi un “cambio di passo” da parte dell’Amministrazione finanziaria. 

Passaggio tra regimi fiscali e valore delle partecipazioni

La trasformazione di una associazione professionale in Stp comporta l’esigenza di effettuare degli approfondimenti in merito al trattamento fiscale delle componenti reddituali positive e negative che transitano tra i due diversi regimi di determinazione del reddito, allo specifico fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione. Quanto detto, se si considera che l’ associazione professionale è un soggetto giuridico che applica le regole di determinazione del reddito di lavoro autonomo , vigendo quindi per la medesima, come principio generale ai fini della determinazione dell’imponibile, il criterio c.d. di cassa; diversamente, la Stp determina invece l’imponibile reddituale con le regole del reddito d’impresa , per il quale vige il principio generale di “competenza”.

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