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Criptovalute in continua ascesa ma serve una regolamentazione

Le criptovalute sotto la lente degli esperti dello Studio Deotto&Partner. Il fenomento delle "valute virtuali" sta assumendo sempre maggior rilievo in questi ultimi anni nel mercato globale, ma manca ancora una regolamentazione organica specifica. Il tema è esaminato sia dal punto di vista della relativa natura sia con riferimento ai diversi ambiti normativi . Dalla creazione con ICO alla disciplina civilistica, dalla normativa nazionale limitatamente all'antiriciclaggio al trattamento fiscale, il tema delle criptovalute è esaminato in tutti i suoi aspetti., riportando altresì gli interventi di prassi e di giurisprudenza , in particolare comunitaria, intervenuti nel tempo, che hanno dato luogo spesso a perplessità di diverso tipo.

La blockchain come "base" di operatività delle criptovalute

Le criptovalute rappresentano una delle forme più note di crypto-asset, sostanziandosi in valute digitali che possono fungere sia da mezzo di scambio che di investimento. Tali beni, ad oggi sempre più utilizzati, quasi a livello esponenziale, sia da parte degli operatori economici che dai privati, vengono scambiati tramite tecnologia informatica , utilizzando lo strumento della c.d. blockchain , ossia un registro immodificabile (in modo da prevenire frodi di diverso tipo) che non viene gestito da alcuna autorità sovrana o, comunque, istituzionale. Tramite un complesso sistema digitale , basato su veri e propri blocchi (c.d. blocks) che formano una catena (“chain”), la blockchain risulta in grado di garantire l’ anonimato delle transazioni e incentivare i partecipanti alla piattaforma nella quale avvengono le transazioni.

"Moneta virtuale", dagli ICO all'attenzione crescente degli Stati

Tra le varie tipologie di crypto-asset, le criptovalute vengono definite payment token (o currency token ), potendo essere utilizzate sia come mezzi di pagamento per acquistare beni e servizi sia per trasferire denaro o valori in genere effettuando investimenti. Vi sono inoltre i security token , gli utility token ed altre combinazioni delle diverse tipologie di token (i c.d. token “ ibridi ” o “ mutanti ”), che presentano caratteristiche diverse. Si tratta di valute “nascoste” (cripto), in quanto visibili e utilizzabili solamente da chi conosce il codice informatico che rappresenta la chiave di accesso, nonché “virtuali” , non esistendo in forma fisica, per le quali risultano mutuabili alcuni concetti tradizionalmente utilizzati per le monete avente corso legale, come ad esempio il “portafoglio” (c.d . wallet) , che può essere considerato come il luogo di conservazione delle criptovalute . Negli anni più recenti gli Stati stanno prendendo sempre più in considerazione il fenomeno, che vede nelle ICO (“ Initial Coin Offering ”) il mezzo per creare nuove criptovalute, anche finalizzate a finanziare direttamente iniziative imprenditoriali.

Inquadramento civilistico delle criptovalute

La specificità delle criptovalute ha riflessi sull’aspetto relativo alla regolamentazione “civilistica” dell’istituto. A partire dalla mancanza di una normativa dedicata - se non, con riferimento all’Italia, specificamente afferente al tema dell’antiriciclaggio - risulta necessario un inquadramento . Non risulta in dubbio che le criptovalute siano “beni immateriali”, anche se, vista la caratterizzazione peculiare di simili asset, non è chiaro se si possano definire beni autenticamente “monetari”, con tutto ciò che ne consegue a livello di disciplina applicabile in termini di interessi, inadempimento o, più in generale, di normativa che possa essere richiamata per analogia (vendita o permuta). Ad ogni modo, per evitare problemi di sorta in capo agli operatori, risulta opportuno disciplinare , a livello contrattuale, i vari aspetti di interesse , prevenendo così le criticità che possano occorrere a livello di pattuizione negoziale.

Criptovalute, la regolamentazione ai fini antiriciclaggio

Nel nostro ordinamento le criptovalute risultano disciplinate solamente ai fini dell’antiriciclaggio . Questo, almeno, dopo l’emanazione del Dlgs 90/2017, il quale ha modificato (con efficacia dal 4 luglio 2017) il Dlgs 231/2007 in materia di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio del denaro e di finanziamento del terrorismo. In particolare, il testo del Dlgs 90/2017 definisce la valuta virtuale e regola l’attività dei “prestatori di servizi” inerenti a quest’ultima, sotto il profilo dell’estensione di alcuni obblighi già previsti per altri operatori del settore finanziario; in ciò, in particolare, ricalcando di fatto la definizione contenuta nella direttiva europea n. 849 del 2015, poi modificata dalla direttiva n. 843 del 2018, con la quale il Parlamento europeo ha riconosciuto ufficialmente le criptovalute come monete elettroniche . Di fatto, ad oggi i soggetti che intendono prestare servizi nel settore delle valute virtuali, offrendo servizi di cambio da valuta virtuale a valuta a corso forzoso (“exchanger”), devono iscriversi in un’ apposita sezione del registro dei cambiavalute , secondo le regole che saranno dettate con apposito decreto del ministero dell’Economia.

Criptovalute e imposizione diretta: prassi e giurisprudenza

È necessario riflettere sul possibile trattamento fiscale delle criptovalute. E ciò desta ben più di una perplessità, considerando che il dato fiscale si “appoggia” in qualche modo sulla caratterizzazione giuridica che, in questo caso, manca completamente. Partendo quindi dalle fattispecie tassabili come “redditi diversi” si può riflettere sulle varie somiglianze che le criptovalute presentano rispetto ad altri istituti giuridici, pur non coincidendo con alcuna delle altre fattispecie prese in considerazione dal Testo unico. Motivo per cui non risulta agevole reperire un trattamento univocamente corretto da riservare, a livello di imposizione diretta , alle operazioni sulle criptovalute. In questo, peraltro, non aiutano le interpretazioni che la giurisprudenza, in particolare comunitaria, e la prassi nazionale hanno riservato a tali asset, per i quali la generale equiparazione alle “valute estere” non convince né pare risultare in alcun modo condivisibile (in particolare considerata la “a-territorialità” delle criptovalute ).

La "questione" del monitoraggio fiscale delle criptovalute

Oltre alle questioni che sono state esaminate circa il trattamento civilistico e fiscale delle criptovalute, vi è un diverso ambito di interesse nel quale, in mancanza, ancora una volta, di una disciplina “dedicata”, si sono registrati fraintendimenti non irrilevanti . Si tratta del monitoraggio fiscale, per il quale i pronunciamenti giurisprudenziali e di prassi hanno riportato, in continuità con l’erronea equiparazione delle criptovalute alle “valute estere”, la necessità di indicazione nel quadro RW di tali beni; così come anche indicato dalle istruzioni ministeriali a tale sezione della dichiarazione dei redditi, deputata al riepilogo degli investimenti all’estero. Tuttavia, dalla caratterizzazione “a-territoriale” delle criptovalute, non può che discendere, in generale, la mancanza di un obbligo di indicazione , nel quadro RW, di asset che non possono senz’altro considerarsi detenuti all’estero. Quanto detto, in particolare, laddove il titolare delle criptovalute abbia la disponibilità della chiave privata.

IVA

Criptovalute e disciplina Iva applicabile

Passando all’imposizione indiretta occorre riferire, in primo luogo, della tematica relativa all’ inquadramento delle criptovalute ai fini Iva . Ciò anche considerando quanto riportato dalla giurisprudenza comunitaria e dalla prassi nazionale in merito, le quali risultano allineate nell’errata considerazione di tali beni quali “valute estere”. Ad ogni modo, il punto di partenza non può che risultare quello della disciplina dettata dalla direttiva Iva , poi recepita nei singoli Stati membri. Normativa che inquadra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi in maniera tale da poter includere le criptovalute, ma che, in mancanza di norme specificamente dedicate a simili asset, rende ineludibile la considerazione di quanto riportato in proposito da parte di prassi e giurisprudenza comunitaria.

Criptovalute tra successioni e donazioni

Sempre nell’ambito delle imposte indirette occorre rilevare che le criptovalute possono formare oggetto di successione , potendo altresì essere donate. Si evidenzia che l'istituto della successione ha avuto origine per regolamentare il fenomeno avente ad oggetto beni “materiali”, e non virtuali, come nel caso delle criptovalute. In ambito fiscale, inoltre, è necessario adeguare le previsioni del Dlgs 346/1990 (Tus) alle fattispecie da assoggettare a imposta di donazione e successione ; ciò, nella specie, se si considera che le criptovalute rappresentano beni in qualche modo equiparabili al “denaro”.

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