OPINIONE

ACCERTAMENTO

Numerose novità nel contenzioso tributario

Le novità introdotte con il D .Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 sul contenzioso tributario rafforzano la tutela giurisdizionale del contribuente anche in un’ottica deflattiva del contenzioso perseguendo, in tal modo, gli obiettivi fissati dall’art. 10 della delega fiscale. Le principali modifiche riguardano l’estensione degli strumenti deflattivi del contenzioso e della tutela cautelare; l’immediata esecutività delle sentenze per tutte le parti; l’ampliamento della difesa personale dinanzi alle Commissioni tributarie; il rafforzamento del principio di soccombenza nella liquidazione delle spese di giudizio.

IVA

Sanzioni tributarie non penali su imposte dirette e Iva: novità

Il Titolo II del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 , modifica il sistema sanzionatorio amministrativo , in attuazione dell’ art. 8, co. 1, della legge delega (L. 11 marzo 2014, n. 23 ), al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità , le sanzioni all'effettiva gravità dei comportamenti; viene inoltre prevista la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali , tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità. L’art. 15 del citato D.Lgs. 158/2015, attua, in generale, il principio di proporzionalità della risposta sanzionatoria di fronte a condotte illecite che riguardano imposte dirette, Iva e riscossione di tributi, con l'obiettivo di graduare le sanzioni riducendole per gli illeciti di più lieve disvalore.

Nuova disciplina del diritto di interpello

Con il D.Lgs. 24 settembre 2015 , n. 156 , avente ad oggetto la riforma del processo tributario, pubblicato sul Supplemento alla Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7 ottobre 2015, la disciplina degli interpelli , fino ad oggi frammentata in molteplici disposizioni fiscali, è stata revisionata e sistematizzata nel corpo di un’unica norma . In attuazione infatti delle disposizioni contenute nell ’art. 6, co. 6, L. 11 marzo 2014, n. 23 [CFF56] (« Delega per la realizzazione di sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» ), il Titolo I (artt. da 1 a 8), D.Lgs. 156/2015 procede ad una complessiva rivisitazione della disciplina generale degli interpelli. Come chiarito nella relazione illustrativa al decreto, la razionalizzazione dell’istituto dell’interpello si fonda sull’esigenza di omogeneizzare, semplificare e riconoscere maggiore certezza ad uno strumento, di per sé preziosissimo, che nel tempo, vista anche la proliferazione delle sue tipologie, da strumento di dialogo privilegiato con l’Amministrazione finanziaria, è finito con il tradursi in un elemento di complicazione del sistema tributario. Sotto questo profilo i decreti attuativi della delega fiscale recentemente approvati distinguono ben sei forme di interpello con regole istruttorie non sempre perfettamente allineate. I sei tipi di interpello considerati sono i seguenti: interpello ordinario , probatorio , antiabuso e disapplicativo – previsti dall’art. 11 dello Statuto del Contribuente come modificato dal decreto legislativo sul diritto di interpello – nonché l’ interpello per i nuovi investimenti e accordi preventivi per imprese con attività internazionali – previsti dal D.Lgs. 147/2015 («decreto internazionalizzazione»).

Sponsorizzazioni: limiti e regole per la deducibilità

La differenza tra costi di rappresentanza e costi di pubblicità assume particolare rilevanza con riferimento agli orientamenti mostrati dalla giurisprudenza negli ultimi anni. Le spese di rappresentanza rappresentano dei costi sostenuti per accrescere il prestigio della società senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite. Le spese di pubblicità hanno il fine di esaltare le caratteristiche dei prodotti, al fine di incrementare le vendite. Ai fini fiscali la differenza tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza assume fondamentale rilievo in quanto, mentre le prime sono completamente deducibili , le seconde sono sottoposte a specifici limiti . Con la sentenza 27 maggio 2015, n. 10914 , la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di reddito d'impresa e, segnatamente, in tema di spese per sponsorizzazioni individuando i criteri in base ai quali stabilire se le stesse possono essere portate integralmente in deduzione, alla stregua delle spese di pubblicità o propaganda, oppure solo nei limiti previsti dalla legge per le spese di rappresentanza.

Società non quotate: attività di vigilanza

L’Odcec di Roma e il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti hanno reso disponibile una guida operativa per lo svolgimento delle attività di vigilanza da eseguire nell’ambito dei controlli del collegio sindacale sull’ assetto organizzativo ; la guida operativa, destinata ai sindaci delle società non quotate , interpreta e integra le raccomandazioni contenute nelle «Norme di comportamento del collegio sindacale» emanate dal Cndcec. Il documento è definito a « struttura aperta » poiché le verifiche in ordine all’assetto organizzativo dovranno essere operativamente declinate e applicate in funzione della tipologia, della dimensione, della complessità, della struttura aziendale e delle altre caratteristiche della società oggetto di controllo. Il documento analizza preliminarmente l’importanza dell’assetto organizzativo , pur modulato secondo le specifiche caratteristiche dell’impresa, definendolo adeguato quando è grado di assicurare lo svolgimento, in maniera efficiente ed efficace , delle funzioni aziendali.

Effetti fiscali del «mutuo dissenso»

La Cassazione, con l' ordinanza 2 marzo 2015, n. 4134 e a distanza di un anno dal precedente arresto avuto con la sentenza 19 febbraio 2014, n. 3935 , è tornata a pronunciarsi sugli effetti fiscali , ai fini dell’imposta di registro , del « mutuo dissenso » (specificamente della risoluzione di un contratto di cessione di azienda per mutuo dissenso): la pronuncia conferma la più recente e rigorosa interpretazione secondo cui il mutuo dissenso sconterebbe l’imposta proporzionale da applicarsi al valore delle prestazioni dovute a seguito della risoluzione . La conclusione si pone in contrasto con gli ulteriori precedenti della stessa Suprema Corte ( Cass. Civ., 6 ottobre 2011, n. 20445 e Cass. Civ., 31 ottobre 2012, n. 18844), recepiti dalla prassi ministeriale con la R.M. 14 febbraio 2014, n. 20/E , e con la costante giurisprudenza di merito ( ex pluribus Ctr Lombardia 7124/67/14, Ctr Firenze 2154/14, Ctp Macerata 139/2013, Ctp Massa Carrara 392/11, Ctp Treviso 25/10; Ctp Milano 20/8/2010; Ctr Potenza 4/2009; Ctp Matera 157/2005) e si presta ad alcune considerazioni critiche.

Istituti deflativi del contenzioso tributario

Gli istituti deflativi del contenzioso tributario – che si sono stratificati nel tempo – trovano la loro fonte in provvedimenti legislativi diversi e si sviluppano in termini non sempre coerenti . L’accertamento con adesione (di cui al D.Lgs. 218/1997) è il «prototipo», ma la logica dell’accertamento «collaborativo» – che caratterizza molti degli istituti – va ricercata nella L. 212/2000 (sullo Statuto dei diritti del contribuente): il reclamo/mediazione (per le «liti minori») e la conciliazione giudiziale, a loro volta, sono contenuti nel D.Lgs. 546/1992 (sul contenzioso tributario); l’autotutela nel Regolamento di cui al D.M. 37/1997 (in applicazione dell’ art. 2-quater, D.L. 564/1994 [CFF4754c] ). E mentre il « vecchio » « ravvedimento » (di cui all’ art. 13, D.Lgs. 472/1997 [CFF9476] ) era stato poco utilizzato , quello « nuovo » sta assumendo sempre maggiore rilievo . La Legge delega (L. 23/2014) per la cd. «riforma tributaria» avrebbe potuto realizzare l’auspicato «Testo Unico» degli istituti deflativi, ma ha provveduto – in linea con la portata di «manutenzione» più che di «ristrutturazione» dell’ordinamento tributario – «solo» alla eliminazione di alcuni difetti , mantenendone l’attuale frammentazione .

L'impresa documenta la congruità del prezzo di acquisto

Con la sentenza 21 luglio 2015, n. 15282 la Cassazione afferma che grava sul contribuente l’ onere di dimostrare che le transazioni tra imprese collegate (in materia di transfer pricing ) sono intervenute con valori di mercato da considerarsi normali ex art. 9, co. 3, D.P.R. 917/1986 [CFF5109] . Secondo il dettato di tale norma, sono infatti da intendersi «normali» i prezzi dei beni e dei servizi praticati in condizioni di libera concorrenza, con riferimento, per quanto possibile, ai listini ed alle tariffe d’uso.

RISCOSSIONE

Semplificazione e razionalizzazione della riscossione

Numerose e di rilievo sono le novità apportate dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 ottobre 2015 in materia di riscossione e in vigore dal 22 ottobre 2015 . Peraltro, è stata introdotta la possibilità di accedere ad un’ulteriore rateizzazione con Equitalia ai soggetti che non sono stati in grado di completare il pagamento di piani precedenti di dilazione. Le somme non ancora versate, oggetto di piani da cui i contribuenti siano decaduti nei 24 mesi prima dell’entrata in vigore del decreto, possono essere oggetto di un nuovo piano fino a un massimo di 72 rate mensili . La richiesta dovrà essere presentata entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto delegato. Dal piano di rateazione si decade saltando due rate. Inoltre, il decreto riscrive le regole sull’aggio , ossia sul compenso che Equitalia e gli altri concessionari della riscossione incassano per l’attività di recupero crediti: se il debitore riceve la cartella di pagamento e paga le somme iscritte a ruolo entro 60 giorni dalla data di ricezione, paga l’ 1% in caso di riscossione spontanea e il 3% in tutti gli altri casi di riscossione, oltre alle spese di notifica della cartella.

CONTENZIOSO

Nuovo reato di falso in bilancio

Dal 14 giugno 2015 è entrata in vigore la nuova normativa sul cd. « falso in bilancio », per effetto degli artt. 9 , 10 e 11 , L. 27 maggio 2015, n. 69, in G.U. n. 124 del 30 maggio 2015, che hanno riscritto gli artt. 2621 e 2622 , c.c. e introdotto i nuovi artt. 2621-bis e 2621-ter. La riforma, se da una parte va nella direzione, da molti auspicata, di un maggior rigore , non solo sanzionatorio , dall’altra, forse a sorpresa, sembra « limitare » l’ambito applicativo della disciplina da cui sono state escluse le « valutazioni », le quali, notoriamente, si riflettono sulla maggior parte delle voci di bilancio. Di seguito si esporranno i tratti essenziali delle nuove disposizioni confrontate con la «vecchia» normativa, anche alla luce delle prime pronunce giurisprudenziali intervenute sull’argomento.

Qualifica dirigenziale e firma degli avvisi di accertamento

La sentenza della Corte Costituzionale 17 marzo 2015 n. 37, che ha sancito la decadenza dei dirigenti nominati senza pubblico concorso , ha determinato l’insorgere nella giurisprudenza di merito di due distinti orientamenti . Nel primo caso gli atti impositivi firmati da costoro sono nulli in quanto formati in usurpazione di pubbliche funzioni, con l’insorgere di una responsabilità amministrativa, patrimoniale e penale. Nel secondo gli atti firmati da costoro sono validi in quanto vi è la diretta riferibilità all’ufficio di provenienza, con applicazione della teoria del funzionario di fatto. In entrambi i casi la giurisprudenza ha dovuto affrontare alcune problematiche tipiche come i requisiti per la validità dell’atto amministrativo e la possibile invocazione nel processo già incardinato del vizio tendente al riconoscimento dell’illegittimità sopravvenuta della pretesa.

Qualifica dirigenziale e sottoscrizione degli atti

Gli avvisi di accertamento sottoscritti , personalmente o con delega di firma , da un soggetto appartenente alla P .A. senza qualifica dirigenziale determinano l’insorgere di una responsabilità amministrativa . La sentenza della Corte Costituzionale 17 marzo 2015 n. 37 , che ha sancito la decadenza dei dirigenti nominati senza pubblico concorso , non ha fatto altro che ulteriormente ribadire quanto era già presente nella norma sin dal lontano 2001 . Le conseguenza pratiche in capo ai predetti soggetti , per gli avvisi di accertamento firmati da costoro , in virtù dell’usurpazione di pubbliche funzioni, determinano una responsabilità patrimoniale e la possibile integrazione del reato di cui all’art. 323 c.p. ovvero l’ abuso d’ufficio.

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