La domanda da porsi è se il concorso di sanzioni tributarie penali ed amministrative, previsto dall'ordinamento italiano, sia coerente con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) e/o con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Cdfue). La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (Corte Edu) ritiene che, allorquando dette sanzioni abbiano natura sostanzialmente analoga secondo l' interpretazione fornita dalla stessa Corte , il citato concorso viola il principio del ne bis in idem di cui all'art. 4, par. 1, del Protocollo 7 della Cedu. La Corte di Giustizia della Comunità europea (Cgce) afferma, con un distinguo più apparente che reale, che qualora dette sanzioni abbiano natura sostanzialmente analoga, il concorso viola il principio del ne bis in idem di cui all'art. 50 della Cdfue. Tuttavia, secondo la Cgce, spetta al giudice nazionale , sempre alla luce dei criteri Engel , l’obbligo di verificare sia che, in concreto, il concorso non comporti una doppia sanzione penale, sia di effettuare un adeguato bilanciamento tra divieto del doppio giudizio ed inflizione di sanzioni adeguate. La Corte di Cassazione, diversamente, ha affermato che non sussiste un doppio giudizio non trattandosi di norme disciplinanti lo stesso fatto, essendo la fattispecie penale – tributaria arricchita di ulteriori elementi essenziali rispetto a quella meramente tributaria. Ne consegue secondo la Corte che la fattispecie non va risolta in base al principio di specialità di cui all' art. 19, D.Lgs 74/2000 [CFF9527u] , bensì in termini di progressione , circostanza che escludendo l'identità del fatto, comporta l' insussistenza della violazione del principio del ne bis in idem , la cui tutela, tuttavia, è limitata al solo settore penale. Da ultimo si esporranno le pronunce in termini di risoluzione del contrasto tra ordinamento interno e sovranazionale.