OPINIONE

IVA

Quale diligenza per provare l'effettività della cessione intraUe?

La simulazione di cessioni intracomunitarie per alleggerire le merci dall’ Iva a monte , potendole quindi vendere a valle in evasione di imposta, è una frode Iva uguale e contraria alle cd. «frodi carosello»: spetta all’Ufficio tributario addurre gli elementi da cui desumere una negligenza del fornitore che, senza le dovute cautele, ha omesso l’applicazione dell’Iva.

ACCERTAMENTO

IVA

Cessione intra: requisiti per la non imponibilità

È intervenuto un nuovo intervento della Corte di Cassazione – l’ ordinanza 29 settembre 2015, n. 19368 – che ha analizzato i requisiti necessari per considerare un’ operazione intracomunitaria non imponibile ai fini Iva . Sul solco dell’orientamento giurisprudenziale prevalente, la Corte di Cassazione ha statuito che il possesso dei requisiti sostanziali da parte del cessionario comunitario rappresenta condizione sufficiente per applicare il regime di non imponibilità , mentre il possesso dei requisiti formali (partita Iva, iscrizione al Vies) non rappresentano condizioni necessarie e sufficienti per l’applicazione del regime di non imponibilità proprio delle operazioni intracomunitarie. In altre parole, il regime di non imponibilità può essere applicato se il contribuente riesce a dimostrare che la controparte agisce in qualità di soggetto economico e invece non è applicabile se l’Agenzia delle Entrate riesce a dimostrare che il cessionario per l’operazione «contestata» non agisce in qualità di soggetto passivo Iva.

Dirigenti decaduti: gli atti sono validi

La Cassazione , con le sentenze 9 novembre 2015, nn. 22800, 22803 e 22810, ha finalmente segnato un punto fermo sulla validità degli atti emessi dai dirigenti dichiarati decaduti a seguito della sentenza 17 marzo 2015, n. 37 della Corte costituzionale, con la quale era stata dichiarata l’invalidità di tutte le nomine dirigenziali effettuate senza l’esperimento di un regolare concorso. Invalide le nomine , ma validi gli atti : una presa di posizione netta della Consulta dopo altalenanti orientamenti giurisprudenziali , ma anche uno « smacco » per tanti contribuenti che già speravano di veder annullato il proprio accertamento perché l’avviso era privo di sottoscrizione. L’unico spiraglio che ancora resta loro – sottolinea la Corte nella sentenza 22803/2015 – è che i loro difensori abbiano sollevato tale eccezione , anche in modo generico, nell’ atto introduttivo del giudizio . Sarà allora onere dell’ Amministrazione provare la correttezza della delega .

Monitoraggio dell'evasione e delle agevolazioni fiscali

Nel Supplemento Ordinario n. 55 della Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7 ottobre 2015, sono stati pubblicati gli ultimi decreti attuativi della delega fiscale di cui alla L. 23/2014 ; tra essi anche il n. 160 riguardante la stima e il monitoraggio dell’ evasione fiscale oltre che il monitoraggio e il riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale . Di seguito si evidenzieranno gli aspetti essenziali del provvedimento dal quale il Governo si attende, nei prossimi anni, indicazioni utili ad indirizzare le proprie misure di politica fiscale oltre che a verificarne l’attuazione e l’efficacia.

IVA

Servizi elettronici, di telecomunicazione e teleradiodiffusione

Il D.Lgs. 31 marzo 2015, n. 42 ha dato attuazione alle nuove regole Iva introdotte, a far data dal 1° gennaio 2015 , dalla Direttiva 2008/8/Ce del 12 febbraio 2008 in materia di territorialità dei servizi di telecomunicazione , teleradiodiffusione ed elettronici resi a committenti non passivi di imposta . Il D.Lgs. 42/2015 introduce, inoltre, il regime speciale del Moss per le modalità di assolvimento dell’ imposta e specifiche disposizioni quanto ai controlli , alla riscossione ed al rimborso dell’ imposta .

Istituti deflativi del contenzioso tributario

Gli istituti deflativi del contenzioso tributario – che si sono stratificati nel tempo – trovano la loro fonte in provvedimenti legislativi diversi e si sviluppano in termini non sempre coerenti . L’accertamento con adesione (di cui al D.Lgs. 218/1997) è il «prototipo», ma la logica dell’accertamento «collaborativo» – che caratterizza molti degli istituti – va ricercata nella L. 212/2000 (sullo Statuto dei diritti del contribuente): il reclamo/mediazione (per le «liti minori») e la conciliazione giudiziale, a loro volta, sono contenuti nel D.Lgs. 546/1992 (sul contenzioso tributario); l’autotutela nel Regolamento di cui al D.M. 37/1997 (in applicazione dell’ art. 2-quater, D.L. 564/1994 [CFF4754c] )... E mentre il « vecchio » « ravvedimento » (di cui all’ art. 13, D.Lgs. 472/1997 [CFF9476] ) era stato poco utilizzato , quello « nuovo » sta assumendo sempre maggiore rilievo , al punto da diventare un nuovo pilastro, in materia. La Legge delega (L. 23/2014) per la cd. «riforma tributaria» avrebbe potuto realizzare l’auspicato «Testo Unico» degli istituti deflativi, ma ha provveduto – in linea con la portata di «manutenzione» più che di «ristrutturazione» dell’ordinamento tributario – «solo» alla eliminazione di alcuni difetti , mantenendone l’attuale frammentazione .

RISCOSSIONE

Obblighi antiriciclaggio in capo ai professionisti

Negli ultimi anni, anche a seguito dell’introduzione nel nostro ordinamento del Testo unico in materia di antiriciclaggio ( D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 ), i dottori commercialisti ed esperti contabili, i consulenti del lavoro e coloro che svolgono in maniera professionale attività in materia di contabilità e tributi, compresi associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, Caf e patronati, sono stati coinvolti attivamente nel complesso sistema di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo attraverso l’imposizione di particolari adempimenti , quali l’adeguata verifica della clientela, la registrazione e conservazione dei dati, nonché la segnalazione di operazioni sospette e la comunicazione di eventuali infrazioni relative all’uso del denaro contante e dei titoli al portatore. Al fine di verificare il corretto adempimento degli obblighi antiriciclaggio , ogni anno la Guardia di finanza pianifica ispezioni mirate presso gli studi dei professionisti e, in caso di eventuale inosservanza, commina sanzioni al professionista stesso in misura variabile a seconda dell’inadempimento rilevato.

CONTENZIOSO

Acquisto di un ramo d'azienda

L’acquirente che acquista un ramo d’azienda si accolla i debiti pregressi che risultano dai libri contabili obbligatori che riguardano solo la parte dell’ azienda che è stata acquistata; non possono esservi dubbi sul trasferimento al cessionario dei debiti relativi al ramo d’azienda ceduto quando l’alienante abbia tenuto una contabilità distinta , ma è sembra riduttivo legare solo alla tenuta di una contabilità distinta il trasferimento dei debiti. Infatti seguire tale tesi determinerebbe come conseguenza la possibilità per l’ imprenditore di liberarsi di un ramo dell’ azienda o di dividere la stessa in tanti tronconi diversi, costituenti ciascuno un complesso aziendale, pregiudicando in tal modo i suoi creditori che verrebbero privati della garanzia dei loro crediti . Nella cessione di ramo d’azienda il bilanciamento di interessi previsto dal Legislatore con l’ art. 2560, co. 2, c.c. si realizza solo ritenendo che l’ acquirente di un ramo d’azienda risponderà dei debiti che dalle scritture contabili risulteranno riferirsi alla parte d’azienda a lui trasferita.

Rassegna Massimario

Doppio binario sanzionatorio e principio del «ne bis in idem»

La domanda da porsi è se il concorso di sanzioni tributarie penali ed amministrative, previsto dall'ordinamento italiano, sia coerente con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) e/o con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Cdfue). La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (Corte Edu) ritiene che, allorquando dette sanzioni abbiano natura sostanzialmente analoga secondo l' interpretazione fornita dalla stessa Corte , il citato concorso viola il principio del ne bis in idem di cui all'art. 4, par. 1, del Protocollo 7 della Cedu. La Corte di Giustizia della Comunità europea (Cgce) afferma, con un distinguo più apparente che reale, che qualora dette sanzioni abbiano natura sostanzialmente analoga, il concorso viola il principio del ne bis in idem di cui all'art. 50 della Cdfue. Tuttavia, secondo la Cgce, spetta al giudice nazionale , sempre alla luce dei criteri Engel , l’obbligo di verificare sia che, in concreto, il concorso non comporti una doppia sanzione penale, sia di effettuare un adeguato bilanciamento tra divieto del doppio giudizio ed inflizione di sanzioni adeguate. La Corte di Cassazione, diversamente, ha affermato che non sussiste un doppio giudizio non trattandosi di norme disciplinanti lo stesso fatto, essendo la fattispecie penale – tributaria arricchita di ulteriori elementi essenziali rispetto a quella meramente tributaria. Ne consegue secondo la Corte che la fattispecie non va risolta in base al principio di specialità di cui all' art. 19, D.Lgs 74/2000 [CFF9527u] , bensì in termini di progressione , circostanza che escludendo l'identità del fatto, comporta l' insussistenza della violazione del principio del ne bis in idem , la cui tutela, tuttavia, è limitata al solo settore penale. Da ultimo si esporranno le pronunce in termini di risoluzione del contrasto tra ordinamento interno e sovranazionale.

Doppio binario sanzionatorio in materia tributaria

È noto che il nostro ordinamento prevede un doppio binario sanzionatorio in materia penale tributaria ed amministrativa , in forza del principio di autonomia del procedimento penale rispetto a quello tributario. La domanda da porsi è se le norme nazionali che prevedono il concorso di sanzioni tributarie penali ed amministrative, aventi natura sostanzialmente analoga, contrastino o meno con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ( Cedu ) e/o con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ( Cdfue ).

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